I coloni che abitarono per primi l’isola, si trovarono davanti un territorio brullo con i terreni da potere coltivare, esposti a tutti i venti (a Lampedusa non essendoci montagne, non esistono naturali ripari dal vento). Come prima azione, i coloni dovettero disboscare buona parte dell’isola per fare posto alle loro coltivazioni agrarie.
Sull’isola esistono ancora oggi degli ulivi selvatici che facevano parte del tipo di albero che popolava già allora il territorio in maniera massiccia. Questi ulivi furono innestati e per proteggerli dal vento, furono costruiti dei recinti (spesso in muratura) che servirono sia per delimitare le diverse proprietà che per difendere le coltivazioni dal vento. Ad ogni colono fu dato gratuitamente un appezzamento di terreno coltivabile.
Per diversi anni, furono coltivati sull’isola viti, fave, orzo e frumento. Date le difficoltà oggettive che trovarono da subito i coloni, i risultati delle prime semine non furono esaltanti. Dopo i primi due anni dalla colonizzazione dell’isola i risultati delle coltivazioni non furono buoni e con il passare del tempo, molti degli ulivi innestati seccarono a causa del vento sempre molto forte. Ma i coloni, nonostante le evidenti difficoltà, non desistettero e continuarono la loro opera di coltivazione.
Gli sforzi necessari per potere ottenere dei buoni raccolti a Lampedusa furono enormi e i coloni con al loro capo il governatore Bernardo Maria Sanvisente provarono in tutte le maniere a riuscire a fare diventare produttivo un comparto che per l’epoca sembrava determinante per le sorti economiche e sociali di Lampedusa.
A causa dei terreni poco fertili, la scarsità delle piogge e del forte vento, l’attività agricola non riusciva a decollare nonostante gli enormi sforzi fatti anche per la costruzione dei ripari e con il passare del tempo, le attività legate alla agricoltura non furono più sufficienti e il governatore Sanvisente, fu costretto a iniziare un commercio con Malta e Pantelleria per procurare alla popolazione carne suina e bovina e tutto quanto necessario per l’approvvigionamento di beni diversi per i coloni. A decretare la fine della agricoltura a Lampedusa fu un provvedimento (ordine) del re che dispose il disboscamento totale dell’isola per fare fronte alle richieste di carbone da legna che arrivavano dal resto della Sicilia.
A causa del disboscamento e con il terreno sempre più arido e brullo, ai coloni lampedusani non rimase altro da fare che lasciare gli aratri per darsi alla pesca; attività ancora oggi molto florida. Nonostante ci siano ancora le stesse difficoltà dell’epoca per ottenere delle coltivazioni a Lampedusa gli isolani, a livello amatoriale riescono ad ottenere frutta e verdura sufficiente per il fabbisogno familiare e in alcuni casi addirittura per rifornire occasionali punti vendita. Delle vecchie coltivazioni, rimangono solo pochi vigneti, qualche filiera di fichi d’india e alberi di carrubo. In tempi recenti, ci sono stati dei tentativi di riportare l’agricoltura a Lampedusa con iniziative a progetto. Primo su tutti il porto l’orto a Lampedusa, un progetto di orti comunitari sostenuto e portato avanti da una fondazione e dall’Università di Palermo. Lo scopo del progetto è quello di recuperare le vecchie varietà di ortaggi.
Altre iniziative simili sono state intraprese all’inizio del 2020 ma ovviamente, a causa del fermo per la pandemia, non è stato possibile portare avanti l’iniziativa in maniera adeguata.
A Linosa invece le cose sono sempre state diverse e per diverse ragioni. Il tipo di terreno per primo, la più piccola delle Pelagie, di origine vulcanica ha un terreno estremamente fertile e li i linosani sono riusciti a coltivare bene le viti, i fichi d’india i capperi e le lenticchie. Proprio le lenticchie sono diventate oggetto di enorme richiesta anche da parte dei turisti che passano da Linosa. Il sapore che hanno le lenticchie di Linosa è molto particolare essendo molto ricche di ferro.
A Lampedusa e a Linosa c’è una pianta selvatica che nel corso del tempo ha letteralmente invaso tutti i terreni coltivati e non, il finocchietto selvatico.
Il finocchietto selvatico delle Pelagie, ha delle particolari peculiarità e in molti sulle isole, raccolgono i rami e i fiori del finocchietto sia per preparare degli infusi che per preparare del liquore.